Quasi quindici anni fa l’Atletico Madrid rischiava quasi di scomparire. Era dilaniato dai debiti, obbligato a fare affari con agenzie quantomeno torbide per sopravvivere. Lasciare percentuali bulgare proprio a queste ultime, sui trasferimenti, per potere mantenere un livello quantomeno dignitoso sulla rosa. Dopo è giunto Diego Pablo Simeone e tutto è cambiato. Non subito, sicuramente, perché l’Atletico non è una storia lineare. L’affermazione dell’Europa League tuttavia è stato il primo tassello di un viaggio straordinario, culminato con due finali di Champions perse contro l’odiato Real Madrid, in una maniera rocambolesca per tutte e due le volte.
I suoi detrattori parlano del calcio di Simeone come antiquato. A onor del vero non lo è. O meglio, è provare a dare il meglio con ciò che si ha, molte volte la necessità di difendere contro Real Madrid e Barcellona non è una scelta. Eppure ha trovato il successo due Liga, unico a spezzare il monopolio dei giganti, ha trovato il successo in Europa e nella Copa del Rey. Ha portato la squadra nel futuro potendo investire sul Wanda Metropolitano, ha risolto problemi economici che sembravano insormontabili e anticamera al ridimensionamento, nella migliore delle ipotesi, oppure al fallimento.
Simeone è stato un simbolo pure da giocatore. All’Atletico Madrid, sì, ma pure al Pisa di Anconetani. Oppure all’Inter di Massimo Moratti, nell’epoca Ronaldo, quella del Fenomeno, con una Coppa UEFA ma pure con la delusione del 5 maggio contro la Lazio, seppur dall’altra parte. Memorabile la prima parte di carriera da allenatore, fra Estudiantes, River Plate e Catania, con una salvezza con primato di punti. Nella giornata odierna Diego Pablo Simeone compie 54 anni.
Image:Getty
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