È andata come previsto: l’assemblea FIGC ha approvato con un plebiscito di 83,3% la modifica statutaria proposta da Gabriele Gravina. Ma la sfida non è chiusa. L’approvazione segna solo l’inizio di una fase in cui la risposta politica sarà cruciale. Giorgio Mulé, vicepresidente della Camera e fautore della norma su cui si fonda la revisione, aveva già promesso interventi, ma non è detto che riuscirà a farli passare. Fra le dinamiche interne all’esecutivo e i giudizi negativi di FIFA e UEFA, il cammino potrebbe rivelarsi tortuoso.
Gravina, dal canto suo, ha rivendicato il principio democratico alla base della riforma: “Abbiamo privilegiato il principio della democrazia,” ha asserito. “Nessuna norma ci imponeva di attribuire autonomia alla Serie A, eppure l’abbiamo fatto. È una patronato importante per il mondo del pallone italiano”. Nondimeno, la giornata segna pure l’inizio ufficiale della campagna elettorale sia in FIGC che in Serie A, ove le spaccature sono ora mai evidenti: otto club hanno votato contro e dodici si sono astenuti.
Lorenzo Casini, patron della Lega Serie A, ha spiegato: “È un’opportunità mancata, nonostante qualche passo in avanti. Avevamo lasciato libertà alle squadre e siamo stati compatti nel non votare a favore”. Evitare fughe in avanti dei club favorevoli a Gravina è un successo per Casini, che adesso fronteggia una Serie A divisa: da una parte la Lazio di Claudio Lotito con Napoli, Empoli, Verona, Torino, Milan, Cagliari e Lecce; dall’altra Juventus e Inter a capo delle dodici squadre astensioniste, pronte a cambiare lo status quo della governance di via Rosellini.
Quanto alla FIGC, Gravina non ha tuttavia sciolto le riserve sulla sua ricandidatura: “Ho pagato un prezzo enorme dal giudizio personale, ma sono sereno”, ha riferito.
Image:Getty
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