La Lazio si gode un grande Tijjani Noslin. La tripletta in Coppa Italia contro il Napoli ha sugellato un inizio di stagione coi fiocchi del centravanti olandese, decisivo pure nell’ultimo match di campionato, sempre contro gli azzurri. L’ex Hellas Verona si è raccontato in patria, in un colloquio rilasciata ai taccuini del ‘De Telegraaf’: “Cerco sempre di essere me stesso. Perché dovrei odiare qualcuno? Sono migliore perché ho ottenuto qualche cosa come giocatore? No. Per me tutti sono uguali. Questo – le parole del giocatore riportate da Lalaziosiamonoi.it – è ciò che mi ha insegnato mia madre: tratta gli altri come vorresti essere trattato. Fa parte dell’educazione che ho avuto da lei. Avevo solo un sogno ed era diventare un giocatore professionista. Se vuoi conquistare il livello più alto devi lasciarti molte cose alle spalle e, in maggior misura, lavorare molto duramente. La mia mentalità è quella di non arrendersi mai. Nelle giovanili dell’Ajax ero il più basso di tutti. È stata una bella storia. Sono stato preso dall’Ajax durante i giorni dei talent. Con me tuttavia hanno commesso uno sbaglio amministrativo: io, del 1999, avevo un anno in più degli altri per la squadra in cui giocavo. Mi hanno lasciato andare, ma da lì mia madre ha contattato letteralmente tutti i club professionistici olandesi tramite e-mail. Ogni tanto mi hanno fatto fare qualche provino, ma dopo la risposta era sempre la stessa ovunque: fisicamente ero troppo leggero”.
“In famiglia non eravamo benestanti per gli standard olandesi. Ad esempio, prima di poter trovare una casa a prezzi accessibili a Den Bosch, abbiamo vissuto a Tiel e Tilburg. Non voglio dire che eravamo poveri, rispetto alla gente dell’Africa eravamo ricchi. Ma per gli standard olandesi non eravamo benestanti. Mia madre era sempre lì, creando sempre qualche cosa con quel poco che avevamo. Ha combattuto per noi. Dopo che mi hanno mandato via dal Den Bosch e dal Twente, ho lavorato in un ristorante di sushi, al Subway e al fiorista di Aalsmeer. Avevo la sveglia alle 4 del mattino. In quei momenti ho pensato: cosa farò se la mia carriera nel calcio non dovesse andare bene? Per tale motivo ho seguito il corso “Sport ed esercizio fisico” presso il ROC e ho fatto uno stage all’Hercules. Con il Covid, nell’estate 2020, finisco al DHSC. Non avevo mai sentito parlare del club e ci sono andato senza alcuna aspettativa. Volevo solo giocare a calcio. Dopo lunghi sforzi ho scoperto che era la squadra di Wesley Sneijder, non ci credevo, pensavo fosse uno scherzo”.
“Dopo cinque gare avevo già segnato cinque gol. Sneijder disse a mia madre che voleva davvero darmi un aiuto. Finalmente qualcuno aveva visto qualche cosa in me, questo mi ha dato molta fiducia. Esattamente come Wesley, dopo, pure Mounir El Hamdaoui ha creduto in me e ha iniziato ad darmi un aiuto. In questo modo sono finito al Fortuna Sittard in Eredivisie. Sneijder conosceva il proprietario turco e in questo modo in un colpo solo sono diventato un professionista. Ero davvero grato di poter essere un giocatore ogni giorno. Ho creduto un’altra volta in me stesso. Pensavo di potercela fare. Magari non sarei finito al Real Madrid, tuttavia sentivo che potevo eccedere, che il Fortuna Sittard non era la mia destinazione finale. In questo modo ho firmato per l’Hellas Verona. Ogni tanto un ambiente completamente nuovo può aiutarti. E inoltre ho avuto la fortuna di aver giocato subito e tanto, il che ha accelerato il mio adattamento al mondo del pallone italiano. I gol sono arrivati automaticamente, mi ero sbloccato. Mia madre viene molte volte a guardarmi, e dopo cucina il cibo più buono del mondo, come spesso succede. Sto vivendo il mio desiderio, mi pare di giocare a ‘FIFA’ in orario reale. Da nulla a parecchi soldi. Ma non li butto via, conosco il valore del denaro. Questa è la bellezza di ottenere qualche cosa a suo tempo, ho tuttavia le mie abitudini del passato pure nella spesa”.
Image:Getty
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