Tre gol subiti in sette gare sarebbe un ottimo ruolino di marcia per qualunque squadra. Se è gli orobici iper offensiva di Gasperini, abituata a segnare 100 gol all’anno ma prenderne molti, questo pare davvero un calcio sottosopra. Ci è voluta pure un po’ di fortuna per uscire da Roma con i tre punti e la porta inviolata, in una giornata che poteva prendere una brutta piega dopo lo scontro aereo fra Demiral e Musso. Il portiere ha avuto la peggio, fratturandosi lo zigomo ed essendo obbligato alla corsa in ospedale, ma cambiando i fattori il risultato non cambia. Perché Sportiello, chiamato dalla panchina, ha dato molta sicurezza alla difesa, parando quel che era possibile e affidandosi pure al fato allorchè la conclusione era fuori dalla sua portata.
Non è solo il portiere a decidere il destino, sicuramente. In una retroguardia flagellata dall’infortunio di Djimsiti e la positività all’antidoping di Palomino, tutti sono chiamati a fare la loro parte. Meno offensivamente, in maggior misura Hateboer che nell’ultimo periodo ha contenuto molto viceversa che calpestare l’area avversaria – encomiabile il suo recupero su Shomurodov ieri – ma pure Maehle. Toloi è sempre l’intoccabile, Demiral è ruvido più di quanto basta e rischia un rigore su Zaniolo. Scalvini entra nella partita, la spacca ed esce, Okoli si abbraccia con Zaniolo per praticamente tutto la ripresa. È un calcio molto differente, fatto di lotta e non di classe, quella che manca fin dal momento in cui Gomez e Ilicic non giocano più.
Per la verità le soluzioni d’attacco sono tante, moltissime, quelle difensive no. C’è la possibilità di arretrare De Roon, sugli esterni Zappacosta e Zortea erano fuori dai giochi. Nel reparto arretrato, appunto, si alternano quelli che ci sono. Pare un’Atalanta ritornata al 2016, con alcuni illustri sconosciuti (o quasi) che si ritagliano un posto importante. E, come quell’Atalanta da Napoli in in seguito, subisce poco e vince di misura.
Image:Getty
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