Prendete José Mourinho e i suoi post partita. Peggio gioca la sua squadra, più sono incendiari: il fumo nasconde la mancanza di arrosto, tattica consolidata. All’angolo opposto di un ring filosofico e di comunicazione, ecco Simone Inzaghi, di professione tecnico dell’Inter. Ieri, nella giornata odierna e ora possibilmente pure domani, con buona pace di una stagione vissuta fra montagne russe e critiche. Al capitolo comunicazione, per carità, si potrebbe sempre fare di meglio. Ma è la coerenza di un tecnico che molte volte è stato accusato pure di questo, di essere dopo lunghi sforzi sempre fedele a se stesso. Nei momenti belli come in quelli brutti, magari tirando qualche sassolino dalle scarpe nei primi e rifuggendo qualche domanda a ostacolo nei secondi, perché dopo lunghi sforzi si è pur sempre umani. Ma la calma, dice la saggezza popolare, è la virtù dei forti.
Inter, bastava attendere. Forse troppo, per carità. I venti punti da un Napoli sia anche stratosferico restano una distanza troppo grande per quella che è il team nerazzurra. Lo scudetto neanche sfiorato, da sommarsi a quello buttato alle ortiche un anno fa, uno dei parecchi elementi che, come ha ricordato Marotta prima della Roma, andranno messi nel calderone allorchè ci sarà da tirare una riga e tracciare un bilancio. A sette gare più una dal termine, ma, la squadra di Inzaghi è arrivata ora clou dell’anno tirata a lucido, come a il signor punto sembrava impossibile da immaginare. E, tornando ora in cui ci sarà da fare i conti, rischia di sfoggiare molto più di quanto sembrasse pronosticabile. Cominciando da quel secondo posto, che rimane del primo dei perdenti e alla già citata distanza siderale dal tricolore, ma per il quale l’Inter è ora naturalmente favorita nella volata finale.
Brozovic e la LuLa. Le due “scoperte” di fine stagione sono le armi in più libero della banda interista. Che nel frattempo ha messo dentro tante cose che non immaginava di avere, da Darmian capace di far dimenticare Skriniar a Dimarco goleador, passando per due leader difensivi come Onana e Acerbi. Tuttavia: la consacrazione di Barella e Calhanoglu, la conferma di Mkhitaryan. Se ci si guarda indietro, l’Inter è cresciuta. Magari non come avrebbe voluto o potuto, ma il dato rimane. Il croato è passato nella stessa stagione dall’essere insostituibile all’esser di troppo: nelle ultime giornate, ma, ha ricordato a tutti perché da Spalletti in in seguito la baracca gira attorno a lui. Il belga, che per la cronaca rimane indietro a Dzeko in ottica di mercoledì, ha rispolverato in pianta stabile non soltanto la sua vena realizzativa – ieri decimo gol stagionale: non sarà tantissimo, ma forse si può iniziare a staccare l’etichetta di flop – ma in maggior misura la partnership con Lautaro. L’argentino, con i suoi up&down, c’è sempre stato: con la Roma ha mancato per pochissimo i venti gol in campionato, finora è sempre andato in crescendo col passare degli anni e sarebbe un’ulteriore conferma. In più, contro i giallorossi è giunto il quarto gol in combinazione diretta della LuLa, il primo “Lautaro to Lukaku”.
Favoriti al derby? È un’etichetta pesante, che nessuno qualche settimana fa pensava di appiccicare all’Inter. La Milano nerazzurra toccherà legno, tanto più che non sempre nei derby uno stato della condizione atletica è una condizione invidiabile. Aspettando responsi su Leao, il Milan adesso ha una cosa più dei nerazzurri, da non sottovalutare: uomini che possono decidere la gara in qualunque momento. Il portoghese, ma anche calciatori come Brahim o Theo. All’Inter quel guizzo manca. Nei piani di Inzaghi l’avrebbe dovuto forse avere Correa, l’unica nota stonata di un’orchestra che ora suona una sinfonia compatta e decisamente orecchiabile. È questo, viceversa, il punto di forza dei nerazzurri: forgiati in una stagione da mille e una follie, arrivano alle due serate più importanti dell’anno come la squadra che a il signor punto non si immaginavano di poter essere. Con parecchi singoli in più: magari non saranno i migliori nel dribbling, ma sono sbocciati in tarda primavera. Forse ora corretto.
Image:Getty
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