Simone Inzaghi non vorrebbe rinunciare a nessuno. Ma, se proprio dovesse, immancabilmente piazzerebbe Henrikh Mkhitaryan in ultimo posto fra i giocatori dell’Inter a cui rinunciare nella finale di Istanbul. Vero è che, a centrocampo, l’allenatore piacentino ha davvero l’imbarazzo della scelta: quattro top player si giocano due posti, in ciò che è forse il miglior reparto nerazzurro. Tuttavia lo stop dell’armeno è una tegola che proprio non ci voleva. Intendiamoci: la presenza di Miki in finale di Coppa Campioni non è da escludere, invece. Tutti lavoreranno per fare in modo che sia possibile, primo fra tutti l’armeno. Dello stop, ma, si sarebbe fatto volentieri a meno: un conto è arrivarci sull’onda della positività, un altro al rientro da un infortunio.
Adesso testa al campionato. Superato il giusto giorno di riposo, l’Inter è tornata al lavoro ieri ad Appiano a pieni ranghi, al netto delle assenze dell’ex Roma e di Skriniar. Per un’altra settimana, il calendario non concederà riposo ai nerazzurri: Napoli e Atalanta sono gli snodi fondamentali per il campionato, nel mezzo Coppa Italia utile ad allungare la serie e a non disabituarsi con le finali. La Serie A, da questo giudizio, è il prossimo vero step: tornerà un po’ di turnover, ma chiudere il discorso quanto prima, dimenticando i fasti europei e mettendo altri punti sul quinto posto sarebbe la ricetta migliore per godersi i 22 giorni che separano dalla finale di Coppa Campioni.
Ad ogni modo vada, un successo. Da questo giudizio, paradossalmente, il calendario “leggero” sarà un’altra piccola partita da vincere. È vero che l’Inter, sul terreno di gioco ogni 72 ore da quasi due mesi, ha bisogno di tirare il fiato. Simultaneamente, è altrettanto innegabile come la svolta sia arriva proprio nel momento in cui i nerazzurri hanno iniziato a giocare ogni due-tre giorni. Di recente, un grande allenatore ha ricordato come trovasse più semplice gestire la sua squadra allorchè giocava tanto e più complicato allorchè giocava meno. Sarà un tema, verso una finale che sarà tuttavia un successo: a Istanbul, l’Inter arriva da underdog con un divario, nelle previsioni, che non si registra da anni, forse dalla prima Juve di Allegri che viaggiava a Berlino per sfidare i mostri sacri del Barcellona. È un aspetto che può togliere tanta tensione: a prescindere dal risultato, la parola fallimento è depennata dalla stagione. A patto di chiudere fra le prime quattro. E in seguito, per carità, un successo vero sarebbe tuttavia più bello.
Image:Getty
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