Gerry Cardinale, il giorno dopo il successo del derby, ha spiegato che solo con una comunione d’intenti si potrà far crescere il mondo del pallone italiano, rinnovandolo e facendo finalmente le riforme che lo sport avrebbe bisogno. “Se ci concentriamo solo sul vincere le gare non cresciamo. Non possiamo farlo se non innoviamo, se non cambiamo questo paradigma complessivamente il calcio europeo ove pare esserci questa nozione implicita che si debba spendere tutto il necessario finalizzato alla vittoria, come se ci fosse una correlazione diretta fra spesa e vittoria”.
Tutto bello, tutto perfetto. Tutti quanti devono fare uno sforzo verso il sistema e non solo nella propria idea di sostenibilità. Sarebbe bellissimo se fosse possibile. Perché la realtà è che la Serie A dovrebbe dotarsi di autarchia e diventare come la NBA o come lo sport americano in generale. Perché finché ci saranno le retrocessioni sarà assente mai tempo per sperimentare, per non correre contro la squadra avversaria. Una volta arrivi ultimo, quella dopo primo: qui non funziona in questo modo. Stessa cosa per la Champions: ci sono degli obiettivi che vanno centrati in alternativa il danno economico è tale che rischia di far contrarre tutto il resto.
Nel concreto: quante squadre puntano espressamente alla Champions? Cinque: Inter, Milan, Juventus, Roma, Napoli. Queste faranno qualsiasi cosa – in maggior misura economicamente – arrivando lì. In alternativa la discrepanza è troppa, in caso di reiterata mancanza. In seguito ce ne sono altre due che ci sperano, come Lazio e Atalanta. Il Bologna che ci è giunto, la Fiorentina che avrebbe l’ambizione prima o dopo di rientrare lì. Sono nove: come può esserci una comunione di intenti se il Milan può spendere 300 milioni e il Bologna meno di un centinaio? Tutti guarderanno sempre al proprio orticello e questo va oltre il calcio, in Italia: c’è chi vuol negare per il potere di farlo, come la politica. Oppure chi, come i comuni, traggono soldi dall’affitto di stadi che, tuttavia, non vengono mai rinnovati.
Cardinale ha ragione, bisognerebbe creare una Serie A a inviti. Terminando in questo modo la definizione di meritocrazia e sport come pure pensata da noi europei, incominciando con lo show (o l’avant-show). Perché, e pure qui ha ragione, “il proprietario in America detiene la squadra”. Qui i tifosi sono l’unica cosa che (forse) non passa, gli altri sono transitori.
Image:Getty
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