Tocca guardare il bicchiere mezzo pieno. È un esercizio retorico, perché allorchè si dice in questo modo vuol dire che il bicchiere è più che altro vuoto. Ma fino a il signor punto. È stata sufficiente una sconfitta nel derby perché il mondo Inter piombasse subitaneamente nello sconforto e in vecchi dubbi. I sempre acuti utenti dei social ci hanno come minimo risparmiato gli InzaghiOut ma, per il resto, a leggere certe analisi pare che gli ultimi due anni siano passati come se niente fosse. E viceversa un derby non fa primavera, ma in maggior misura non decide una stagione: è una battuta d’arresto. Brutta in sé e per come è arrivata: per le opzioni, per il gioco, per le avvisaglie già notate a Monza e ignorate nella partita contro Fonseca. Perché è bastato poco a mandare fuori fase i campioni d’Italia, e l’impressione è che ci abbiano pensato pure da soli.
E allora, si diceva, tocca guardare al bicchiere mezzo pieno, la notizia positiva che in seguito è soltanto una. Del derby perso si possono dare mille letture, l’unica utile a Simone Inzaghi è che serva a ricordare a tutti come non si vinca per grazia ricevuta e neanche se si è in grado di giocare in modo divino, ma non lo si fa. Nella giornata odierna, per ciò che ha fatto vedere negli ultimi due anni, pare impensabile immaginare l’Inter arrancare: i due campionati precedenti sono un buon monito. Chi ha trovato il successo, l’anno dopo non si è nemmeno ammesso per la Champions, se non grazie a penalizzazioni altrui. Il rischio “pancia piena” esisteva ed esiste ancora: più inconscio che altro, ma è inutile negarlo. Il derby perso, che di buono non ha fatto vedere quasi niente sul campo, può servire a riportare l’Inter coi piedi per terra.
Nel destino, nuovamente Udinese e Torino. Come nella stagione 2022/2023, ma a incroci invertiti. Il 3-1 subito in casa dei bianconeri fu uno dei momenti più complicati di una formazione che sembrava, quella sì, allo sbando e in seguito ha chiuso la stagione in finale di Coppa Campioni a Istanbul. Il calcio è strano, regala corsi e ricorsi, ma l’Inter odierno è tutt’altra cosa rispetto a quella di due stagioni fa. In gran parte, se non quasi totalmente, è merito dello stesso Inzaghi: non ce lo si può dimenticare dopo una sconfitta, per quanto amara possa essere. E per quante responsabilità, come ha lucidamente ammesso post partita, possa aver avuto in alcune scelte.
Tutt’al più, si può archiviare la storia che l’Inter ha due squadre. In molti ruoli, sì. Li elenchiamo? Acerbi/De Vrij nel reparto arretrato; Dumfries/Darmian, Mkhitaryan/Zielinski e Dimarco/Carlos Augusto a centrocampo; Taremi invece di uno fra Lautaro e Thuram. Su Sommer/Martinez si vedrà, per il resto il gap è ampio. Può essere tendente all’infinito come fra Bastoni e Palacios – più che altro perché dell’argentino non sappiamo granché – o davvero minimo come fra Pavard e Bisseck, ma c’è. Ed è anche fisiologico: a Manchester si è rotto Rodri e la squadra più forte al mondo non ha un sostituto neanche vicino al titolare, è normale. Solo i meccanismi perfetti creati da Simone – che coprono tante altre cose, a partire dall’assoluta assenza di giocatori in grado di decidere le gare con una giocata – hanno fatto pensare in alternativa.
Image:Getty
Segui le Ultime News Calciomercato Napoli
Segui le Ultime Notizie Napoli Calcio