Nigeria fuori dai Mondiali: anche il Napoli sogna una generazione d’oro

Nigeria fuori dai Mondiali: anche il Napoli sogna una generazione d’oro

La Nigeria è stata ancora una volta esclusa dalla Coppa del Mondo, un verdetto che ha lasciato amaro in bocca a un’intera nazione. A Rabat, nella sfida decisiva contro la Repubblica Democratica del Congo, le Super Eagles hanno lottato fino ai rigori dopo un 1-1 maturato nei tempi regolamentari e supplementari. Un dramma sportivo suggellato dall’errore fatale di Semi Ajayi dal dischetto, che ha sancito la seconda esclusione consecutiva dal Mondiale per i nigeriani.

Questa eliminazione pesa come un macigno in un Paese che considera la qualificazione non solo un obiettivo ma quasi un obbligo imprescindibile. La spiegazione più evidente della débâcle nigeriana è legata in maniera indissolubile alla dipendenza da Victor Osimhen, attaccante del Napoli e autentico trascinatore di questa nazionale. Quando Osimhen era in campo, la Nigeria mostrava una dimensione totalmente diversa: maggiore intensità, pericolosità costante, un vantaggio meritato come quello visto domenica. Ma il problema si è palesato non appena l’attaccante partenopeo è stato costretto a uscire per un infortunio al bicipite femorale. La squadra, privata della sua stella, ha perso brillantezza e idee, mostrando scarsa personalità e totale incapacità di gestire la gara nei momenti cruciali.

Una situazione inaccettabile considerando l’organico a disposizione, ricco di talenti come Ademola Lookman, Alex Iwobi, Samuel Chukwueze e Wilfred Ndidi. Questi nomi, almeno sulla carta, avrebbero dovuto garantire garanzie e soluzioni offensive o di interdizione, ma alla prova dei fatti non sono riusciti a sopperire alla mancanza del loro uomo simbolo.

L’amarezza dell’eliminazione aumenta se si pensa che questa qualificazione poteva essere la più agevole di sempre, dato l’aumento a 48 squadre della rosa della Coppa del Mondo. E invece la Nigeria si ritrova con dati alla mano a sfiorare un fallimento storico, malgrado una generazione dalla potenzialità enorme. Nella bacheca continentale il bilancio è comunque importante: una finale di Coppa d’Africa raggiunta recentemente, un bronzo tra le nazionali africane più forti, ma zero partecipazioni mondiali negli ultimi turni di qualificazione. Guardando avanti al 2030, molti protagonisti che avrebbero dovuto guidare la rinascita passeranno la soglia dei 30 anni e, salvo clamorosi exploit, potrebbero perdere per sempre la chance di lasciare un segno sulla scena mondiale.

Il problema, però, affonda le radici molto più in profondità del semplice aspetto tecnico e atletico. Il sistema calcistico nigeriano appare ormai al collasso completo. Il settore giovanile è in totale disorganizzazione, i ritardi nei pagamenti di stipendi e bonus hanno portato addirittura a uno sciopero dei giocatori pochi giorni prima della sfida decisiva. A ciò si aggiungono una federazione incapace di attrarre investimenti e logorata da continue lotte interne, che rallentano qualsiasi progetto strutturale duraturo. Una situazione che ricorda vicende passate di false partenze e promesse mai mantenute, con riforme rimaste sulla carta e mai realmente implementate.

Questo nuovo fallimento ai mondiali avrebbe dovuto essere la scintilla per un cambiamento radicale, per una rivoluzione che riporti la Nigeria ai fasti di un tempo e che valorizzi finalmente tutto il potenziale a disposizione. Ma la sensazione forte è che, come spesso accade, le dinamiche interne si ripeteranno, e nonostante le parole e le dichiarazioni post-eliminazione, la sostanza rimarrà immutata. Le Super Eagles, dunque, restano appese a un destino di rimpianti e a un futuro che deve essere necessariamente costruito su basi più solide.