Italia sì, Italia no. Buona la seconda. Rinunciare all’azzurro, scegliere un’altra bandiera. Nel global-football di questi tempi si può. Lo ha fatto Riccardo Gagliolo, terzino del Parma, nato ad Imperia, papà italiano e mamma svedese. E’ appena stato convocato dalla Svezia, il ct Janne Andersson da tempo lo stava facendo seguire.
Oriundo contrariamente, Gagliolo. Come (pochi) altri prima di lui. Vediamo: Max Vieri nel 2003 gioca (centravanti) in serie B, col Napoli. Ha 25 anni, è il fratello minore di Bobo. In azzurro non ha speranze, ma con i «Socceroos» viceversa sì. Viene convocato dall’Australia, a chiamarlo è l’allora ct Frank Farina, che da giocatore ha un passato nel Bari. Max gioca 6 gare, dopo allorchè sulla panchina arriva Gus Hiddink per lui non ci sta più spazio. L’attaccante Massimo Margiotta (nella giornata odierna responsabile del settore giovanile dell’Hellas Verona) nasce a Maracaibo nel 1977, da genitori italiani. Torna in Abruzzo nell’età delle scuole elementari, si appassiona del pallone, entra a far parte del settore giovanile del Pescara. Dal 1994 (Pescara) al 2011 (Barletta) gioca con dieci squadre, segnando parecchio fra B e A, in maggior misura col Vicenza (52 gol in tre periodi diversi) fra i cadetti. Fa tutta la trafila nelle giovanili azzurre, gioca una manciata di gare nell’Under 21 e fa addirittura parte della nazionale Olimpica che nel 2000 partecipa ai Giochi di Sydney. Per un anno – fra il 2004 e il 2005 – gioca pure con la casacca del Venezuela la Coppa America e le gare di qualificazione al Mondiale 2006, diventando subito «El delantero venezolano», stella della «Selección vinotinto». In conclusione il suo bilancio parla di 11 presenze e 2 gol, con una grande contentezza: viene scelto dalla compagnia telefonica del paese come testimonial della nazionale e finisce sulle schede telefoniche. Avanti: Christian Manfredini, ivoriano con cittadinanza italiana, alcune buone stagioni con la Lazio, nel 2006 – allorchè capisce che in azzurro per lui non ci sta spazio – sceglie la Costa d’Avorio.
Meno nota è la storia di Geremy Lombardi, nato nella Repubblica Dominicana, cresciuto in provincia di Parma. Da ragazzino è un talento (gioca effettivamente nell’Under 15 e Under 17 azzurra), piace la sua rapidità, promette bene la sua tecnica di base. Appena maggiorenne sceglie la Repubblica Dominicana, ma a quel punto inizia il suo declino. Gli veniva pronosticata la serie A e viceversa nella giornata odierna – a soli 23 anni – lo troviamo a Pietrasanta, nell’Eccellenza toscana. Per concludere: ci sono pure quelli che hanno detto no. Balotelli (al Ghana allorchè era tuttavia un ragazzino della Primavera dell’Inter), Pepito Rossi agli Usa, Lapadula al Perù e Acquafresca alla Polonia sono gli esempi più rilevanti.
Ma la storia più bella è un’altra. Italianissimo era Renato Cesarini (colui che ha dato il nome alla Zona Cesarini), nato nel 1906 nel borgo di Castellaro, a Senigallia, un fuoriclasse assoluto – fra i migliori al mondo in quel periodo – nella Juventus degli anni ’30. Ebbene, il figlio del calzolaio Giovanni e di Annetta a soli nove mesi attraversò l’Oceano con la famiglia, a cercare fortuna in Argentina, come parecchi altri italiani dell’epoca. Li chiamavano «Golindras», «Rondini», perché come uccelli migratori volavano lontano. Cesarini crebbe a Buenos Aires, affinò le sue abilità e a ventiquattro anni venne comprato dalla Juventus, con cui vinse cinque scudetti dal 1930 al 1935. Aveva già scelto l’Argentina come nazionale di appartenenza (e ci aveva pure giocato), ma si fece volentieri arruolare pure dalla nazionale italiana.
Image:Getty
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