Lunghissima intervista concessa da Fabio Borini al Tam Saha Magazine. Il giocatore italiano ha ripercorso le tappe della sua carriera, fino alla scelta di approdare in Turchia, ove attualmente gioca con il Karagumruk: “Il primo provino fu a Bologna. Mi porto il mio primo allenatore, una persona a cui devo tanto e che mi ha sempre motivato. Sono entrato nel settore giovanile con la promessa che sarei diventato professionista a 16 anni, ma non mi fecero l’accordo. In questo modo cominciai ad allenarmi col Chelsea, ho segnato in alcune gare di allenamento e mi offrirono un accordo, pure se non avevo 18 anni. La mia famiglia mi fece prendere senza aiuto la decisione e sono rimasto a Londra”.
L’esperienza al Chelsea: “In Inghilterra hanno le migliori strutture del mondo e offrono prospettive diverse per i giovani. Il calcio è una professione ma devi pure studiare, e discutevamo pure di alimentazione e cura del fisico. In seguito c’era lo sviluppo e l’analisi del gioco. Allorchè ero in Italia giocavo solo per divertimento, lì si impara che questo lavoro è una vera e propria professione. Quel Chelsea era una formazione piena di leader, stare con quel gruppo mi ha fatto crescere tanto. C’era gente che aveva vinto tanto e questo mi ha reso tutto più facile. Chi mi ha colpito in maggior misura? Terry e Drogba. E in seguito c’era Carlo Ancelotti.”.
La Roma: “Non avevo mai giocato in Serie A prima, quella con i giallorossi fu una stagione molto importante. Ero conosciuto come il ragazzo fuggito in Inghilterra, ma volevo dimostrare di non essere scappato e di essere cresciuto tanto. Ero il di età più bassa della squadra e le cose stavano andando bene, purtroppo abbiamo chiuso la stagione con 56 punti, fuori dalle Coppe. Ho giocato nella posizione che preferivo, è stata una bella esperienza”.
Il ritorno nel Regno Unito: “Mi mancava l’Inghilterra. In seguito il Liverpool è la squadra migliore del mondo secondo il mio parere. Non potevo dire no, ho accettato subito. Lo stesso è successo allorchè mi ha contattato il Milan. Me ne andai al Sunderland perché volevo sentirmi importante, un giocatore chiave per la squadra. Realizzammo un miracolo, centrando una salvezza clamorosa”.
Il passaggio rossonero: “Era ciò che avevo sempre voluto. Volevo essere un giocatore importante in una squadra molto forte. Mi sono divertito molto nei due anni e mezzo al Milan, sono riuscito a essere importante. Ho giocato in 8 delle 11 posizioni, praticamente tutte tranne portiere e difensore centrale. Volevamo andare in Champions e ci siamo andati vicini, molto. Abbiamo giocato finali di Coppa Italia e Supercoppa”.
Gli allenatori: “Ancelotti è stato il mio primo tecnico, ciò che mi ha regalato la prima volta sul campo. Gli sono molto grato, non dimenticherò mai l’occasione che mi ha dato. In seguito Luis Enrique, mi ha fatto andare “oltre”. Mi ha aiutato e migliorato molto, ha avuto effetti molto positivi. E poi Gattuso: mi ha aiutato a essere un leader silenzioso, a farmi notare pure nei rapporti umani. Mi ha aiutato molto a essere più forte fuori dal campo”.
La nuova vita turca: “Tutte le squadre in cui ho giocato sono squadre di vertice. Il Karagumruk ha presentato il progetto e mi ha fatto comprendere che l’obiettivo era l’Europa. Questa certezza mi ha convinto. Qui ci sono alcuni amici e il lavoro è più semplice insieme a loro. Io sono uno che fa qualsiasi cosa per conquistare l’obiettivo che si prefissa. Qui c’è il contesto corretto: l’unione porta i risultati, i risultati portano a conquistare l’obiettivo. Bisogna avere continuità, io cerco di costruirmi una sana pressione”.
Turchia-Italia agli Europei: “Perché ho giocato solo una volta in Nazionale? Perché sono stato quasi sempre all’estero. Chissà, forse segnerò un gol nella partita dell’Europeo (ride, ndr). Sarà un avversario molto pericoloso per gli azzurri. Calhanoglu è il calciatore chiave, ha un ruolo molto importante”.
La Roma: “Non avevo mai giocato in Serie A prima, quella con i giallorossi fu una stagione molto importante. Ero conosciuto come il ragazzo fuggito in Inghilterra, ma volevo dimostrare di non essere scappato e di essere cresciuto tanto. Ero il di età più bassa della squadra e le cose stavano andando bene, purtroppo abbiamo chiuso la stagione con 56 punti, fuori dalle Coppe. Ho giocato nella posizione che preferivo, è stata una bella esperienza”.
Image:Getty
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