La sua forza sono le individualità. È la tesi di Arrigo Sacchi, per la verità non molto condivisa da altri addetti ai lavori, ma autorevole vista la provenienza. Qualche dato la smentisce. Le individualità, intese per esempio come singoli in grado di terminare una giocata decisiva, sono tutt’al più la pecca dell’Inter, come rosa e come gioco: in media, in queste prime giornate, secondo i dati di Comparisonator, i nerazzurri hanno portato a termine 13,63 dribbling a partita. È il terzo peggior dato del campionato: solo il Genoa (12,5) e l’Hellas Verona (13,5) volano più basso. Viceversa, è al terzo posto per numero di passaggi in media a partita, sia tentati (514,8) che riusciti (425,5), nonché al primo per passaggi chiave riusciti (5,5 in media ogni 90 minuti). L’Inter è inoltre la squadra ad aver segnato più gol – 13, in questo caso il dato è fornito da WhoScored – su azione manovrata in queste prime otto giornate di campionato. Lo era stata pure nel campionato scorso (46, come il Napoli da scudetto) e in quello tuttavia prima (52, dieci gol su azione manovrata del Milan campione d’Italia).
Segna meno di quanto dovrebbe. È successo, per esempio a Lisbona contro il Benfica. In generale, ha il difetto di non chiudere le gare e questa non è una leggenda metropolitana: se pensiamo allo scorso campionato, il Napoli ha trovato il successo 28 delle 31 gare in cui si era portata in vantaggio, mentre l’Inter si è fermata a 23 su 28. Non è vero, tuttavia, che segna meno di quanto la produzione offensiva le consentirebbe, per lo meno finora: secondo i dati di Understat, in queste prime otto giornate la squadra di Simone Inzaghi ha prodotto 17,84 xG. Tre in meno dei 21 gol segnati finora da Lautaro&Co. Il dato rimane in linea includendo nella considerazione la stagione 2022/2023 (71,97 xG e 71 gol segnati), mentre nella stagione 2021/2022 avrebbe effettivamente potuto segnare oltre (90,38 xG e 84 gol segnati).
Perde punti con le piccole. È stato un tema durante l’anno scorso, riportato d’attualità dalla sconfitta col Sassuolo e dal pareggio col Bologna, entrambi risultati arrivati a San Siro. Ma è vero? Mettiamo a confronto i numeri di Inzaghi con quelli di Luciano Spalletti e Stefano Pioli, ovvero gli ultimi due allenatori ad aver vinto lo scudetto. Inzaghi ha avuto modo di allenare l’Inter in 84 gare: 54 vittorie, 13 pareggi, 17 sconfitte. Con le medio-piccole (squadre che non abbiano terminato il campionato scorso o quello in cui le ha affrontate nei primi sette posti) ha perso sei gare e ottenuto sette pareggi. Spalletti ha avuto modo di allenare il Napoli in 76 gare: 52 vittorie, 13 pareggi, 11 sconfitte; ha rimediato quattro sconfitte e otto pareggi con le medio-piccole. Pioli ha avuto modo di allenare il Milan in 153 gare: 93 vittorie, 34 pareggi, 26 sconfitte; nove sconfitte e ventitré pareggi con le medio-piccole. Traduciamo in altri dati: Inzaghi ha rimediato il 35,29% di sconfitte con le medio-piccole sulle sconfitte totali, Spalletti il 36.36% e Pioli il 34.62%. Sono dati pressoché sovrapponibili. Tuttavia: Inzaghi ha rimediato il 53,85% di pareggi con le medio-piccole sui pareggi totali, Spalletti il 61.54% e Pioli il 67.65%. Qui c’è una maggiore oscillazione e il piacentino ha pareggiato meno dei due colleghi “scudetttati” contro formazioni sulla carta inferiori. Chiudiamo: sui 252 punti a sua disposizione, Inzaghi ne ha persi 32 (12,7%) con le medio-piccole e 45 (17,86%) con le grandi; sui 228 punti a sua disposizione, Spalletti ne ha persi 28 con le piccole (12.28%) e 31 con le grandi (13.60%); sui 459 punti a sua disposizione, Pioli ne ha persi 73 con le piccole (15.89%) e 70 con le grandi (15.26%). Morale: Inzaghi ha perso con le medio-piccole, in percentuale, circa gli stessi punti di Spalletti, ma significativamente meno di Pioli.
Le complicazioni dell’Inter sono da cercare altrove. È l’unico approdo possibile, guardando con una certa obiettività a questi dati. Nelle due stagioni precedenti, Inzaghi non è riuscito a vincere lo scudetto: le modalità con le quali si sviluppa il gioco, la capacità di finalizzare la propria produzione offensiva o l’approccio con le medio-piccole non sembrano tuttavia essere i temi principali. Il poichè non si può determinare è il timing: il tricolore di due anni fa è volato via nella sconfitta col Milan, non contro il Bologna; quello della scorsa stagione è diventato irrealizzabile allorchè l’Inter, che aveva appena battuto il Napoli, si è infilata in un mini-tunnel da quattro punti in tre gare. In questo anno, ha dominato i rossoneri nel derby ma è arrivata alla sosta con due punti di ritardo in classifica e parecchi dubbi nella testa. La continuità, finora, l’ha trovata solo in Europa o allorchè ha dovuto accelerare per evitare di correre il rischio la partecipazione alla Champions, nel finale dell’anno scorso. Che non riesca, o per lo meno finora non vi sia riuscita nell’era Inzaghi, a mantenere una marcia costante nel lungo periodo: ecco, questa non è una leggenda metropolitana.
Image:Getty
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