Ci sono dei numeri che mette in evidenza il campo. Sono quelli dell’Inter dopo dodici giornate: i nerazzurri hanno fatto più punti di tutti, 31. Segnato più gol di tutti, 29, e subito meno gol di ogni avversaria, 6. Sommer vanta otto clean sheet: nessun altro portiere può dire altrettanto. Onana impiegò tutto lo scorso campionato a conquistare lo stesso traguardo: di questo passo, lo svizzero potrebbe addirittura superare Provedel. E non finisce qui, perché il confronto più bello è quello con l’Inter dell’anno scorso: aveva undici punti in meno, quattro gol fatti in meno, undici subiti in più. Aveva quattro sconfitte, nella giornata odierna ne ha solo una. Un altro mondo.
Ci sono altri numeri, che mette in evidenza il mercato. E li ha ricordati, con un attaccante di orgoglio, lo stesso Simone Inzaghi dopo il 2-0 al Frosinone: “Con tutta probabilità non siamo noi i più ricchi”. La scorsa estate, l’Inter ha chiuso a saldo zero la sessione trasferimenti ed è sembrato addirittura grasso che colava, considerate le due estate precedenti. In verità, guardando ai meccanismi legati a prestiti e riscatti, la società nerazzurra avrebbe un saldo ben più positiva. Roba da +66 milioni, che dopo andranno a ridursi con i vari riscatti (Frattesi, Arnautovic e via dicendo) Comunque, nessun altro ha tenuto un equilibrio in questo modo rigido: non il Napoli, che fra una cosa e l’altra ha chiuso a -26 milioni, né la Juventus (-22) e tantomeno il Milan che, nonostante il trasferimento di Tonali, ha investito soldi per un disavanzo da 45 milioni di euro. Sono queste le basi di partenza, è molto complicato dimenticarlo per l’Inter.
Inzaghi sta cucinando un piccolo capolavoro. Non è il Napoli della scorsa stagione, ma soltanto perché quest’anno c’è qualcuno che tiene il passo. Spalletti, dopo dodici giornate, aveva appena un punto in più dell’Inter di Inzaghi versione 23/24. La differenza, a costo di essere ripetitivi, è nelle inseguitrici: la scorsa stagione c’era solo gli orobici, tuttavia cinque lunghezze indietro e in verità mai credibile come competitor per il tricolore. Nella giornata odierna c’è la Juve, ma ci torneremo. L’Inter è cresciuta in modo incredibile. Molto, onore al merito, ha fatto il mercato: dopo la rottura di Lukaku, sembrava un’estate disastrosa. I fatti stanno dando ragione a Marotta, Ausilio e Baccin, che hanno costruito senza voli pindarici – ma per carità, è corretto ricordarlo, coi due acquisti più costosi del campionato – una formazione più varia, più profonda, più completa di quella di un anno fa. Il resto ce lo mette l’allenatore piacentino, pure a costo di assimilare da quelle che sono sempre state considerate le sue pecche: se coi centravanti e coi giocatori di centrocampo ci ha sempre saputo fare, se un bel gioco lo ha sempre saputo esprimere, mai come quest’anno ha palesato di saper dosare i cambi, di saper dare importanza a tutti, persino (con misura, non si può snaturare un allenatore) di poter dare qualche minuto in più a giovani, che dopo ripagano. L’Inter odierno è una formazione solida, non solo nella sua difesa, ma pure nella testa: su sedici gare stagionali, ne ha sbagliate due, ed tutte e due per errori individuali.
Con la Juventus è una partita filosofica. Di pretattica, pure. La fa Allegri, la fa Marotta, la fa pure Inzaghi, seppur a modo suo. Che il derby d’Italia del prossimo 26 novembre non valga lo scudetto è una frase fatta e poco più: è troppo netta l’impressione che il tricolore sia una corsa a due, che l’Inter sia più completa e la Juve abbia un vantaggio inestimabile nel non giocare le coppe. Sono le più solide del campionato e hanno i reparti offensivi più forti nel complesso, con le dovute differenze: Inzaghi sta godendo di due su quattro, Allegri non ha tuttavia trovato un bomber ma ha più scelte e rotazioni lì dinanzi. Sarà pure una partita di principi, per chi ama il manicheismo pure nel calcio: a un angolo Simone il giochiate, all’altro Max il risultato. Solo che dopo al primo piace pure vincere e il secondo si è reso disponibile anche a giocare bene per conquistare il risultato. A chi scrive, ma certamente lo fa sbagliando, Inzaghi odierno ricorda molto il primo Allegri, ciò che sperimentava e vinceva, che come dogma aveva quello di rifuggire i dogmatismi. Sarà una bella partita? Speriamo di sì, crediamo di no. Sarà tesa come ogni partita che vale una fetta di tricolore, quanto grande lo sapremo solo guardando il resto del campionato. Abbiamo due settimane per prepararci.
Image:Getty
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