Ci sta un confine sottile fra l’autostima e la supponenza, e l’Inter cammina sul filo teso su di esso, col rischio di precipitare da un momento all’altro. Henrikh Mkhitaryan, già autore del concetto di “ingiocabili” dopo il bel 3-0 sul Monaco, ne ha espresso uno pericolosamente simile pure dopo la sconfitta con la Juve. In estrema sintesi: “Ogni tanto siamo troppo forti e ci rilassiamo”. Ascoltate dopo un ko con i propri rivali storici, nella serata che poteva portare al sorpasso sul Napoli capolista, queste parole sono suonate strane agli orecchi di quasi tutti i tifosi nerazzurri.
Il virus che circola ad Appiano Gentile è quello della sufficienza, della vittoria per grazia ricevuta. O meglio giorno, al pubblico e alla propria tifoseria principalmente. Perché è vero che l’Inter, nella maggior parte dei casi, gioca un calcio alieno rispetto al resto della Serie A, con pochi paragoni pure a livello internazionale. Ma molte volte la bellezza diventa narcisismo – è successo pure nel 3-0 del Franchi – e Lautaro & co finiscono per mettersi i bastoni fra le ruote. È un peccato, peraltro, non del tutto giustificato: detto quanto sopra, il gruppo di Inzaghi ha trovato il successo finora uno scudetto in tre anni, più coppe e coppette. La finale di Champions è un altro gagliardetto giusto, ma per a questo punto non è un ciclo che entrerà nella storia del mondo del pallone italiano. Può diventarlo, a patto di non finire a raccontarsi qualche cosa che nella giornata odierna non ci sta.
Nell’occasione più adatta di Lautaro. Il nervosismo di fine gara a Torino rischia di costargli caro. Nella giornata odierna si pronuncerà il giudice sportivo e dovrebbe rimettere la questione alla prova Tv: in assenza di audio, o di conferme dai testimoni lì vicini, la squalifica non è scontata, ma rimane possibile.
Image:Getty
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