Umberto Calcagno, patron dell’Associazione Italiana Giocatori, ha disquisito a TMW in concomitanza dell’apertura del calciomercato estivo da Rimini. Si parte dal Mondiale per club: “Il nostro pensiero è quello condiviso dal FIFPro, il sindacato mondiale dei giocatori. Già prima della pandemia abbiamo sostenuto che i ritmi odierno non siano sostenibili. Gli infortuni ci hanno dato ragione, ma non è solo quello: tutelare i top player significa tutelare lo spettacolo. Rischiamo, per massimizzare i ricavi nel breve periodo, di distribuire un prodotto in maggior misura basso livello. Nella giornata odierna più che mai la salute dei giocatori si sposa con una redistribuzione migliore. Non si tratta di dire no alle grandi competizioni: sappiamo tutti che portano soldi. Il tema è distribuirlo meglio, temiamo una concentrazione eccessiva. Ci dobbiamo chiedere che tipo di calcio vogliamo, e se la passione sia tutelabile oppure no”.
Vi siete mossi pure legalmente…
“Beh, la causa instaurata contro la FIFA è accompagnata dall’associazione delle leghe mondiali. Abbiamo pure le leghe con noi, ma proprio perché nella giornata odierna dobbiamo sforzarsi di tutelare il nostro mondo sotto tutti i punti di vista. Io sono convinto che, alla lunga, tutto questo non ci porterà ad avere un mondo più sostenibile”.
Da vicepresidente federale, un commento sull’avvicendamento fra Spalletti e Gattuso sulla panchina della Nazionale?
“Il talento lo abbiamo, tuttavia i giocatori italiano che giocano in Serie A sono pochi. La colpa non può essere della Serie A o delle società: dobbiamo interrogarci, partendo dalla base, se non si debba migliorare qualche cosa. Il coinvolgimento di Prandelli, Zambrotta e Perrotta va proprio in questa ottica: non ci sta solo una nuova conduzione della Nazionale, ma tutta un’altra struttura federale che si interesserà a tutta la filiera. Non ci sta solo da curare il talento, ma pure da insegnare calcio con una modalità diversa”.
Le nazionali giovanili vanno pure abbastanza bene, quella dei grandi meno…
“Le statistiche parlano chiaro: i nostri ragazzi dai 19 anni in in seguito si perdono. Le seconde squadre ci hanno già dato e ci daranno tuttavia una mano. Il fatto di poter competere in un torneo vero, come nella giornata odierna è la Serie C, migliora e velocizza la maturazione di chi possiede molte qualità. Ma non basta. Dobbiamo sforzarsi di comprendere, partendo dalla base, se stiamo insegnando calcio nel modo migliore. Abbiamo commesso errori impostazione, nella giornata odierna pure nei settori giovanili si scimmiotta tutto ciò che si fa per le prime squadre: non ci sta più cultura e bisogna lavorare sui formatori. Abbiamo la necessità di cambiare mentalità. Ai miei tempi avevamo allenatori che facevano di mestiere questo, non erano di passaggio per in seguito ambire ad allenare le prime squadre. Dobbiamo tornare a questo e a una cultura diversa”.
Image:Getty
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