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Tre punti, quattro gol, un’altra vittoria fuori casa dopo il fantastico successo in Champions. “Siamo qui”, ribadiscono quelli del Napoli all’Inter che vola e alla Juve che volicchia. Non s’adagia, il Napoli dopo aver messo sotto il Liverpool. Tutt’altro. Doma il pallone e anche il Lecce concedendo all’avversario solo l’illusione d’una impossibile remuntada. E la sua, come racconta anche il risultato, è una vittoria senza macchia, in questa partita fra un rivoluzionario ed un conservatore. Fra Ancelotti che ne cambia sei rispetto alla sfida con la Samp e otto addirittura rispetto alla magica notte della Champions, mentre Liverani dà fiducia alla formazione vittoriosa contro il Toro. Tutti sul terreno di gioco, effettivamente, tranne uno: Babacar, il quale pure per motivi tattici lascia il posto a Mancosu. Koulibaly, Fabian e Insigne, viceversa, i sopravvissuti della notte di goduria con il Liverpool. Nessun dubbio, don Aurelio amante del turn-over sarà stato il più contento, eppure la scelta dell’allenatore azzurro ha il sapore del rischio, oltre che quello del coraggio. O magari, chi lo sa, soltanto della fiducia piena pure nelle seconde linee.
Certo, Liverani l’aveva pure studiata, la gara. Due esterni (Falco e Farias) alti e larghi per favorire le incursioni di Mancosu o Tabanelli, ma non aveva fatto i conti – nonostante i troppi errori nei passaggi – con la qualità differente degli azzurri, sul loro palleggio più educato e, in maggior misura, sulla spietata confidenza dei suoi avanti con la rete. Attacco, già. Inedito quello di Ancelotti. Llorente prima punta e il resuscitato Milik a girargli attorno come fa con Lewandowski in Nazionale. Mentre la linea difensiva è come spesso accade alta e al centro al campo ci sta parecchia quantità, oltre che qualità. Pure se, ad essere onesti, qualcuno fa fatica. Zielinski, ad esempio, il quale chiamato a giocare a questo punto sulla fascia di sinistra a questo punto da metodista addirittura, ha difficoltà, partecipa poco e allorchè ha palla riesce pure a sbagliare. Ma in questo modo è: la teoria di don Carlo è che se sai far calcio lo sai fare ovunque. E che non è il ruolo che fa il giocatore, ma il contrario. La cosa si nota, ma neppure tanto perché allorchè il Napoli cresce e prende in mano la gara – circa dopo una ventina di inutili minuti – il giudizio diventa complessivo e complessivamente per il Lecce non ce ne sta più. Effettivamente dopo un destro di Farias e un sinistro di Mancosu entrambi fuori, Insigne prende il comando delle operazioni e il Napoli se ne avvantaggia immediatamente. E passa (28’), allorchè Llorente, fantastico spazzino dell’area di rigore, s’avventa su un’altra palla sporca (dopo quello con il Liverpool) e battezza Gabriel che non può niente. Napoli su.
Ma non può bastare per ritenere chiusa la gara. E, effettivamente, mentre il Lecce – che anche è squadra di qualche qualità – non riesce più ad organizzare giocate pericolose per Ospina, il Napoli prosegue a fare ciò che gli pare. Ed è in questo modo che trova anche il secondo gol, figlio d’un braccio di Tachtsidis più sulle nove e un quarto che le sette e venti su un colpo di testa, vicino vicino, di Llorente. Forse è un’ingiustizia, ma il nuovo regolamento – nel quale, come nel Codice di Napoleone, vengono a mancare soltanto le pene corporali per chi si macchia d’una colpa – con il conforto del Var dice che è rigore. Ma Insigne ci va moscio e svogliato sul pallone e Gabriel para. Tuttavia, si stacca dalla linea bianca troppo presto e il Codice di Napoleone dice che è tutto da rifare. Rigore bis e a questo giro (38’) Insigne non fa errori. Due a zero e parecchi saluti. Lecce a guardare. Lecce troppo stranito dinanzi a un Napoli che non gli lascia nulla. Sì, Liverani mette sul terreno di gioco Petriccione per Tachtsidis sperando in chissà cosa, ma non ci ricava proprio nulla. Davanti, la sua voglia di rifarsi, lo porta pure a concedere spazio alla squadra azzurra. Pericolosamente. Tant’è che (52’) becca un contropiede che Fabian, dal limite, esalta con un sinistro di tale potenza e precisione da meritare la rete. E sono tre.
Scritta la parola fine alla sfida? Sarebbe in questo modo se Ospina (58’) dopo un grande intervento – la prima – su tiro di Falco non si lanciasse in una inutile e scriteriata caccia al pallone con atterraggio finale su Farias. Rigore. Tira Mancosu e segna e a questo giro, nonostante l’invasione generale dell’area di rigore, va bene in questo modo. Non si ripete.
Ecco come si fa a mettere in discussione una partita vinta. Il Lecce, effettivamente, ritrova la corsa, la voglia, il coraggio che prima non aveva e il Napoli, non è più quello di prima: ripiega, non palleggia, subisce e rischia. Non molto, in verità, ma rischia anche. Ci crede pure Liverani e allora fuori Falco e dentro Lapadula. Ma corre ai ripari pure Ancelotti che “libera” Lozano per Milik, in seguito Callejon per Elmas e tutto sommato pure Llorente per Luperto, ma corretto per far fare passerella allo spagnolo gran protagonista con due gol e un assist.
Il Napoli pare a questo punto più ragionatore, più sicuro e pure se l’impeto del Lecce trasforma la gara in una onestissima battaglia, ci ripensa Llorente a chiudere il conto. Un’altra palla sporca, una respinta di Gabriel, e gol facile facile per la sua prima doppietta in maglia azzurra. Vedrete, è un “ragazzo”, questo, del quale si sentirà parlare anche a Napoli!
IL TABELLINO
Lecce-Napoli 1-4 (primo tempo 0-2 )
Marcatori: 28′ p.t. e 37′ s.t. Llorente (N), 39′ p.t. Insigne (N), 7′ s.t. F. Ruiz (N), 16′ Mancosu rig. (L).
Lecce (4-3-1-2): Gabriel; Rispoli (25′ s.t. Benzar), Lucioni, Rossettini, Calderoni; Tabanelli, Tachtsidis (1′ s.t. Petriccione), Majer; Mancosu; Falco (20′ s.t. Lapadula), Farias. All. Liverani
Napoli (4-4-2): Ospina; Malcuit, Maksimovic, Koulibaly, Ghoulam; F. Ruiz, Zielinski, Elmas (29′ Callejon), Insigne; Llorente (41′ s.t. Luperto), Milik (27′ s.t. Lozano). All. Ancelotti
Arbitro: Piccinini di Forlì
Ammoniti: 21′ p.t. Ghoulam (N), 37′ p.t. Tachtsidis (L), 38′ p.t. Gabriel (L), 46′ p.t. Elmas (N), 3′ s.t. Tabanelli (L), 8′ s.t. F. Ruiz (N)
Image:Getty
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